lunedì 29 giugno 2009

CHIACCHIERANDO CON CRISTINA

Accidenti, certo che non scherzi tu! Ho letto il tuo libro tutto d'un fiato! Bello, bellissimo!!!!

Mi hai chiesto del 68. Provo a risponderti.

Se vuoi attingere a testimonianze di quegli anni devi senz'altro leggere "Formidabili quegli anni!" di Mario Capanna.

Come saprai era il capo della lotta studentesca che è poi sfociata nell'occupazione di Villa Giulia a Roma.

Simbolo del 68 è stato senz'altro "Blow in the wind" di Bob Dylan.

Io sono fortunata perchè appartengo alla generazione che ha ricevuto gli ideali del 68 ed ha cercato di farli crescere, a volte, molte volte li ha sprecati.

Quando io andavo a scuola avevo diversi professori "borghesi", ma quelli di nuova nomina erano tutti figli del 68. Hanno portato alla nostra generazione il desiderio di una cultura diversa ed alle donne la consapevolezza di sè.

Tutti facevamo politica. Eri "sinistro" o democrisitano. Devo dire che per noi democristiano e fascista si equivalevano. L'uno voleva metterti sotto ad una croce, l'altro sotto ad un manganello. Meglio i sinistri.

Nè puttane, nè madonne. Siamo donne. Non è solo uno slogan, è una rivendcazione. Nè puttane perchè non vogliamo più farci usare dai maschietti per il loro divertimento, vogliamo sciegliere, vogliamo amare con passione e non per convenzione. Non vogliamo un uomo che possa godere di noi, ma un uomo che voglia godere con noi.

Si chiamava Anna.Insegnava matematica. Era bruna, spostava sempre una ciocca di capelli dal viso con gesti nervosi.

E' arrivata nella mia scuola come supplente. Copriva il posto di un docente maschio palloso e tracotante. Questo prof riteneva che le nostre "piccole menti femminili" non fossero adatte a recepire i principi della scienza esatta.

Lei ci rese la matematica un gioco, spiegando con esempi semplici concetti astratti e regole non sempre chiare. Diceva che l'istruzione deve essere per tutti e che un buon insegnante deve aiutare tutti indistintamente a capire. Deve essere l' insegnante ad adattare la materia alle potenzialità dell'allievo, non l'allievo ad adattarsi alla materia. Noi l'adoravamo. Portò il 68 a scuola.

Se ci vedeva troppo stanche, si parlava d'altro. Ruolo della donna, politica, convenzioni sociali. Aborto, divorzio. Rimase un anno. Ci insegnò più lei che tutti gli altri. Ci insegnò a crescere e diventare donne. Sandalizzò i nostri genitori, ma andò diritta per la sua strada. Arrivava con le gonne lunghe od i jeans e grossi maglioni. Spesso gli zoccoli ai piedi. Non la scorderò mai.

Poi c'era Lidia, la partigiana. Da lei succhiai latte e politica. Era nel Partito socialista, con mio padre. Reduce da Ravensbruk, fu lei a mettere nelle mie mani di ragazza Noi Donne. Fu lei a volere che il "nostro" (dico nostro, ma io ero ancora minorenne, non potevo tesserarmi) partito aprisse un giorno alla settimana per accogliere le donne delle fabbriche, le donne che lavoravano e sentire le loro istanze. Voleva portare la loro voce in Comune (era vice sindaco), voleva fornire servizi utili alle donne che lavoravano ed invitava noi giovani a partecipare "perchè non sono andata in campo di sterminio per farmi dire dagli uomini di stare a casa a fare la calza ed un giorno starà a voi proseguire nella mia strada". Torino subiva gli attentati delle BR, non sapevamo mai se mio padre (che lavorava alla FIAT) sarebbe tornato o rimasto li perchè occupavano i treni. Lei montò un bel palco e, il giorno dell'otto marzo, gridò a tutti che la politica degli attentati non apparteneva alle donne e non doveva appartenere neanche agli uomini. Lei non aveva visto morire tanta gente per questo. Lei non aveva subito torture e privazioni per questo.

Io crescevo ascoltando gli intilimani, De Gregori, Vecchioni, Bertoli, Claudio Lolli. Crescevo ed ogni giorno che passava dicevo a me stessa che non volevo essere come mia madre, che aveva messo al mondo figli, curato i suoi genitori,badato alla casa e vissuto tutta al sua vita in funzione degli altri. Combattevo gli squilibri adolescenziali scrivendo e leggendo poesie, ascoltando musica, andando al partito e maturando in me la consapevolezza che quel mondo, quel posto erano troppo piccoli per la mia mente, non potevano contenere i miei desideri, erano troppo lontani dal mio modo di pensare. Dovevo andare via. Poi, ad un certo punto, non so neanche più come, mi innamorai. Ma questa è un'altra storia Anna


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